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Il nemico è alle porte…che facciamo?

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Hannibal ad portas! Così si urlava nelle strade di Roma più di duemila anni fa quando il cartaginese Annibale si stava avvicinando alle mura della città eterna minacciandola direttamente con il suo esercito. Allora come adesso la cosiddetta civiltà occidentale era minacciata da un nemico temibile, organizzato e da non sottovalutare. Ironia della sorte la minaccia, prima lontana migliaia di chilometri,  è diventata improvvisamente e drammaticamente vicina, quasi palpabile, e ora parte proprio dalle stesse coste da dove  si era imbarcato il grande generale punico.

 

Il Califfato del terrore, con forza inarrestabile e micidiale determinazione, sta pian piano accerchiando il Mediterraneo approfittando semplicemente, così come è già successo in Iraq, dello stato di anarchia e debolezza preesistenti. Iraq e Libia accomunati da un identico destino e da identici e fatali errori di valutazione a suo tempo compiuti dal mondo occidentale e in primis dagli Stati Uniti. In entrambi i casi infatti l’eliminazione politica e fisica dei rispettivi leader, “brutti” e…”cattivi” quanto vogliamo ma pur sempre in grado di tenere ancora chiuso il coperchio sul pentolone ribollente della marea montante del fondamentalismo islamico, si è rivelata un grave e fatale errore politico.

 

Dopo la loro uscita di scena infatti l’Occidente ha assistito all’ineluttabile scatenarsi delle forze jihadiste e fondamentaliste che hanno trasformato quei paesi in fornaci ardenti e incontrollabili. Di sicuro se Saddam Hussein fosse rimasto al potere, pur con tutti i se e i ma legati al suo esercizio del potere di stampo assolutistico e satrapico, l’Isis, con tutti i suoi orrori e la sua estrema pericolosità, non sarebbe sorto. Stesso discorso per Gheddafi che dalla sua tenda imbottita di guardie del corpo e di amazzoni da combattimento, era riuscito per quarant’anni a tenere a bada l’estremismo islamico e le forze destabilizzatrici che ora si stanno fagocitando letteralmente la Libia e fra un po’ potrebbero fagocitare anche noi.

 

Due errori di valutazione che mettono bene in evidenza come l’Occidente sia a mala pena in grado di imbastire una tattica nel breve periodo ma non sia minimamente capace di dare alla sua azione un respiro strategico protratto nel tempo. E’ quasi paradossale che nessuno infatti sia riuscito a intravedere il disastro che si sarebbe creato all’indomani della cacciata di coloro che si pensava fossero l’incarnazione del male assoluto. Il male, quello con la M maiuscola doveva ancora venire e si chiama Abu Bakr al Baghdadi, il Califfo del terrore i cui militanti, come un cancro che invade i tessuti circostanti nutrendosi degli stessi e si ingrandisce in modo esponenziale, sta minacciando direttamente lo stesso Occidente.

 

Un Occidente che si ritrova assolutamente impreparato a far fronte ad un evento così drammatico e pericoloso. Sembra di rivivere quello che successe più di settantacinque anni fa quando Hitler, approfittando delle indecisioni di Francia e Inghilterra, si prese quasi senza colpo ferire  l’Austria e la Polonia. Anche ora, come allora, ci si dilunga in inutili e pompose discussioni senza avere un’idea chiara sul come, sul chi e soprattutto sul cosa bisogna fare. Quello che impietosamente sta venendo fuori è la solita disorganizzazione e incapacità di prendere una decisione comune e di prenderla soprattutto in tempi brevi.

 

Come ha giustamente sottolineato Alessandro Gnocchi sulle pagine del “Il Giornale“, l’Europa Unita si trova spiazzata perché, sorta per uno scopo, per altro discutibile, di semplice unione economica e monetaria, non ha nel suo Dna le caratteristiche per operare in modo comune anche dal punto di vista politico-militare, neanche se minacciata direttamente da un nemico che si fa ogni giorno sempre più forte e sempre più determinato. I nostri politici miopi, nel senso di incapaci di guardare al di là del loro naso, forse non immaginavano neppure che la situazione sarebbe precipitata fino al punto di ritrovarci con i tagliagole a meno di duecento chilometri dalle nostre coste.

 

Renzi parla della necessità di una preventiva decisione dell’Onu dimenticando che la stessa Organizzazione delle Nazioni Unite, poco unita, farraginosa e legata ai dispettosi veti incrociati di chi non è disposto ad allinearsi, ha visto finora la sua azione limitata semmai alla creazione di zone cuscinetto smilitarizzate in grado di dividere i contendenti e al contemporaneo soccorso delle popolazioni locali ma non certo adatta a fronteggiare militarmente un nemico forte e organizzato come l’Isis. La Nato è l’unica forza politica e militare che sarebbe in grado di…armarsi e partire, anzi che è stata creata proprio con questo scopo ma bisogna fare presto perché ogni giorno che passa l’Isis e i suoi affiliati libici si rafforzano sempre di più e sarà poi sempre più difficile fermarli.

 

Di sicuro non sarà sufficiente mandare un po’ di aerei a sganciare qualche bomba qua e là con il rischio di colpire pure vasti strati di popolazioni inermi presso cui le stesse fila dell’Isis si nascondo furbescamente. Occorrerà mandare in campo un discreto e sufficiente contingente di truppe di terra che sia in grado di coordinarsi con le forze dell’Egitto, con l’esercito tunisino e con quel che resta dell’esercito regolare libico a Tobruk, senza dimenticare lo pseudo governo islamico che si è insediato a Tripoli. Solo così forse si riuscirà ad avere ragione delle truppe del Califfato anche se non sarà semplice e ci vorranno mesi di guerra combattuta nel deserto contro un nemico sfuggente e per questo ancora più temibile.

 

L’Italia dovrà far parte di questo corpo di spedizione senza fraintendimenti, paure irrazionali  e senza ascoltare le solite stupide e demagogiche urla di quattro pacifisti da strapazzo che continuano a sventolare le loro bandiere multicolori mentre il nemico sta già affilando i suoi coltelli per scannare senza pietà non solo loro ma tutti noi colpevoli solo di esistere e di avere una fede diversa. Una cosa però il nostro assai titubante governo dovrà farla e più in fretta possibile: andare a fare opera di perlustrazione delle coste libiche con le poche navi che ancora abbiamo a disposizione.

 

Operazione che servirebbe per evitare non gli sbarchi, perché sarebbe iniquo e disumano, ma…almeno gli imbarchi da quel trampolino di lancio di cui l’Isis potrebbe, ammesso che non lo stia già facendo, servirsi per “metastatizzarsi” anche in Italia. Qualcuno a questo proposito continua a sostenere che per far questo occorre avere qualcuno con cui dialogare e con cui trovare un accordo come successe a suo tempo con l’Albania: pretesa adesso assurda e irreale vista l’anarchia che domina in Libia. Se vogliamo in qualche modo salvare il salvabile dobbiamo fare a meno di un interlocutore, al momento non pervenuto, e avere il coraggio una buona volta di agire di nostra iniziativa. Qui non stiamo parlando di andare a bombardare le coste della Libia ma semplicemente di andare a impedire che l’emorragia di migranti continui indisturbata o…almeno cercare di farlo: in gioco a questo punto c’è la nostra stessa sopravvivenza, questo almeno bisognerebbe averlo capito.

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Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

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