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Isis: quando le parole non bastano più

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Nei giorni scorsi, quando è rotolata nella sabbia del deserto l’ennesima testa innocente per mano del solito carnefice di nero vestito, ci siamo dovuti sorbire l’ormai scontata raffica di commenti luogo-comunisti ma soprattutto buonisti del tipo: “Orrore!” “Criminali!“, “Barbarie!” e via dicendo. L’ultimo in ordine temporale è stato quello del premier britannico Cameron dopo l’uccisione dell’ultima vittima britannica Alan Henning. Commenti che ormai non…dicono più niente e soprattutto non hanno più alcuna utilità se non quella di molestare le nostre orecchie già ingravidate dall’eco di tragedie e massacri che l’Occidente si limita ad occhieggiare tra lo stupore e una buona dose di ipocrisia. Il ripetersi di questi commenti scontati e francamente noiosi ci ricorda tanto quella barzelletta in cui il tizio dice: “Me ne ha date tante ma…quante gliene ho dette!“. Questa infatti è purtroppo l’esatta situazione, quasi ridicola, in cui si trova impelagato l’Occidente dimostrando, in modo quasi disarmante, tutta la sua incapacità reattiva e la sua ben radicata ignavia retaggio di una mentalità un po’ vintage, ma molto ipocrita che ama nascondersi dietro inutili e quasi ridicoli commenti da salotto.

 

Siamo stufi infatti di sentire i nostri politici prolungarsi ogni volta nelle solite frasi di rito e di circostanza che hanno solo lo scopo di dare un messaggio all’opinione pubblica perché, in un periodo così dominato e oppresso dalla comunicazione mediatica a 360 gradi, anche solo il silenzio, che in certi casi varrebbe oro, potrebbe ingenerare scomodi fraintendimenti. La fonte di tale ripetitivo e ridicolo cerimoniale è, come accennato sopra, sempre e solo l’ipocrisia e la paura che, mescolate insieme, formano il perfetto cocktail del borghese medio dalla facciata pulita ma dalla fedina morale quanto meno discutibile.

 

Nell’attuale drammatica situazione che si è venuta a creare in Medio Oriente sarebbe ormai il tempo di accantonare le inutili lamentazioni stile prefiche per affrontare una volta per tutte un problema che ci sta sempre di più sfuggendo di mano. Dalle parole si dovrebbe avere il coraggio di passare una volta per tutte ai fatti perché l’attuale situazione di stallo potrebbe portarci presto lutti e tragedie di epica portata. Da mesi ormai si continua a portare attacchi aerei contro una forza che, come ha giustamente sottolineato il politologo ed esperto di strategia militare statunitense Edward Luttwak, ama nascondersi abilmente nelle pieghe del territorio. Raid aerei la cui efficacia è stata finora abbastanza circoscritta, limitata e forse anche ridicolizzata: l’eminente studioso americano ha infatti lucidamente messo in evidenza come l’Isis non sia uno stato nel senso tradizionale del termine ma una forza sparpagliata e mimetizzata che non ha schierato un esercito vero e proprio in campo aperto o comunque logisticamente rintracciabile ma che si nasconde spesso dove gli aerei non possono arrivare proprio per non massacrare la popolazione inerme.

 

I neri vessilli del Califfo del terrore si nascondono molto bene in mezzo alle carovane dei profughi o nei centri abitati e quindi le bombe dei raid spesso finiscono solo con il sollevare grandi sbuffi di sabbia o poco più. Non siamo invece d’accordo con l’eminente studioso americano quando afferma che l’Occidente dovrebbe chiudere la pratica lasciando che il conflitto se lo risolvano i veri e originari protagonisti, ovvero da una parte l’Isis sunnita e dall’altra l’Iran sciita, entrambi nemici dell’Occidente. Se può essere utile la politica di romana memoria del “Divide et imperat” che portava a fomentare e poi ad approfittare dei contrasti e della conseguente auto eliminazione di due forze nemiche, è altrettanto vero che non è assolutamente scontato che l’Iran o lo stesso Isis, possano prendere la decisione di scontrarsi in campo aperto con l’Occidente tranquillamente seduto in poltrona a guardare.

 

Perché, se è pur vero che è in atto su vasta scala un tentativo sunnita di mettere fuori gioco il polo sciita, è altrettanto vero che le due anime contrapposte del mondo islamico, nella loro componente più integralista, potrebbero trovare alla lunga terreno fertile di intesa proprio nella guerra totale agli “infedeli” ovvero a quel nemico comune rappresentato dal mondo occidentale.

 

Non ci sentiamo di condividere l’ipotesi di “sganciamento” indolore dal conflitto auspicata da Luttwak perché ormai l’Occidente ne è irrimediabilmente coinvolto per il semplice fatto che siamo noi l’obiettivo finale del Califfo e di chi lo finanzia di nascosto salvo poi mostrare la maschera candida di chi ufficialmente continua a mostrare atteggiamenti di condanna. Ovviamente ci riferiamo, e qui concordiamo di nuovo con Luttwak, ai vari paesi arabi come il Qatar, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi che, in questa vicenda, con molta probabilità stanno portando avanti un temibile doppio gioco. Non va dimenticato poi il fatto che l’Isis ha un’organizzazione logistica e spionistica di livello molto elevato che gli permette di ricevere continui rinforzi da elementi islamici residenti in Europa. Rinforzi che, una volta addestrati per bene nei ben nascosti accampamenti tra Iraq e Siria, vengono rimandati in Occidente ad operare come perfette metastasi di un “cancro” il cui scopo è in definitiva quello di annientarci progressivamente. L’Isis non può essere ignorato dall’Occidente perché, come ha già ampiamente dimostrato, è in grado di crescere a dismisura aumentando in modo esponenziale la sua pericolosità nei termini sempre meno controllabili di un terrorismo a 360 gradi che fa proprio dell’infiltrazione nel nostro tessuto sociale la sua arma migliore. Lasciargli ancora carta bianca potrebbe alla lunga rivelarsi una sorta di suicidio collettivo programmato.

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Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

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