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Gli impietosi dati ISTAT sulla disoccupazione post-covid

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Gli ultimi bollettini dell’ISTAT, seppur preventivabili, hanno certificato un dramma sociale e un tasso di disoccupazione senza precedenti nella storia repubblicana.

di Antonio Di Siena

Un disastro annunciato. La fotografia del 2020 scattata dall’ISTAT immortala un dramma sociale senza precedenti nella storia repubblicana.

450 mila posti di lavoro persi rispetto al 2019, disoccupazione giovanile al 30 percento (29,7%) e il tasso di inattività al 36,1%. Una condizione tragicamente vergognosa, soprattutto per un Paese che ha a fondamento del suo ordinamento giuridico l’obiettivo di perseguire la piena occupazione.

Una Repubblica fondata sul lavoro che ha trasformato in carta straccia la Costituzione “più bella del mondo”, da decenni costantemente tradita e vilipesa in nome de Leuropa e delle sue regole, che l’hanno trasformata in un inerte pezzo di carta.

Un vuoto simulacro utile solamente a difendere lo status quo, evocato a convenienza dai sacerdoti dell’europeismo. La moderna religione che impedisce ai cittadini di vedere la verità.

Senza uno Stato sovrano in grado di arginare il libero mercato non è possibile garantire i diritti fondamentali. Primo fra tutti quel diritto al lavoro caposaldo dell’emancipazione, del benessere sociale e dell’integrazione, unico vero presupposto per la pacifica convivenza civile. Una situazione drammatica di cui la pandemia ha colpe molto relative.

Il covid (e le restrizioni per arginarlo), infatti, più che causare questa catastrofe annunciata si è limitato a far emergere tutte le contraddizioni e inadeguatezze di una costruzione, quella dell’Europa unita, incompatibile con la vita dignitosa e con il futuro dei suoi cittadini.
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