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I debiti di guerra (mai pagati) dalla Germania alla Grecia

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Fra l’aprile ed il giugno del 2019, molte notizie sono viaggiate attraverso i giornali ed i media, soprattutto quelle capaci di mantenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica nel determinato frame cui oramai essa è stata abituata, se non finanche assopita.

Moltissime sono state lanciate senza la convinzione e l’interesse acciocché fossero diffuse: fra queste, ve n’è una che merita particolare attenzione, in quanto non soltanto politicamente rilevante, ma anche e soprattutto densa e storica a livello simbolico. Il governo greco di Alexis Tsiprascaduto a seguito delle elezioni del luglio 2019, che hanno incoronato “Nuova Democrazia” come partito di maggioranza e Kyriakos Mitsotakis come Primo Ministro – ha inoltrato una richiesta ufficiale alla Germania di risarcimento per i debiti di guerra e le riparazioni inerenti alle due Guerre Mondiali : 9,2 miliardi di euro per la Prima, 309,5 miliardi di euro per la Seconda (senza ombra di dubbio la più impattante, essendo che i nazisti occuparono per diverso tempo il territorio ellenico).

Come si può leggere in una nota scritta da parte dell’ex governo greco, riportata da Sputnik News nel giugno scorso:

Questa azione diplomatica è stata presa dopo una discussione a livello di leader politici nella sessione plenaria del Parlamento greco il 17 aprile, ed in seguito al voto preso dalla stragrande maggioranza dei deputati, tenendo conto del rapporto della commissione interpartitica per l’ottenimento dei debiti tedeschi nei confronti del nostro Paese

La richiesta greca

peraltro, era stata inoltrata in contemporanea con quella della Polonia, il cui premier aveva appoggiato la scelta del suo omonimo ellenico in quanto anche il suo Paese aveva subito le devastazioni naziste (per 800 miliardi di euro, a questo ammonterebbe il calcolo delle riparazioni): anzi, fu il primo ed il più colpito. Oltre che, probabilmente, quello con meno voce in capitolo: i suoi “conti economici”, difatti, furono gestiti dall’Unione Sovietica, con un accordo diplomatico risalente al 1990e che, come specifica il Corriere della Sera, si rivaleva soltanto sulla DDR, e quindi non sulla Germania Occidentale.

Una tale operazione era stata paventata già nell’ottobre del 2018, quando il governo greco si era riservato l’opzione di insistere con la sua richiesta alla Germania di risarcimento di 279 miliardi di euro: una cifra molto elevata, che teneva conto tanto del salasso economico durante l’occupazione, con tutte le risorse indirizzate alle politiche espansioniste degli occupanti, quanto alla situazione disastrosa del dopo-guerra (infrastrutture quasi del tutto distrutte).

Un dovere storico e morale” , così è stata definita la richiesta della Grecia nei confronti della Germania da parte del governo di Atene, in colloquio con i rispettivi parlamentari: i 115 milioni di marchi dell’intesa fra i due Paesi, accordati nel 1960, non sono più ritenuti sufficienti. Tuttavia, il portavoce del governo di Angela Merkel, Steffen Seibert, nonostante abbia fatto presente della consapevolezza, da parte dei tedeschi, delle colpe del nazismo durante il Terzo Reich e la Seconda Guerra Mondiale, ha risposto picche: qualsiasi rivendicazione giuridica, dopo oltre settant’anni, ha – dal suo punto di vista – perso ogni valenza.

Una questione del passato lontano e di quello recente

Tale questione si innerva non soltanto nel passato bellico che ha intrecciato i due Paesi come nemici (un invasore ed un difensore del proprio territorio), e nelle conseguenze dello scenario emerso da questa guerra, ma probabilmente anche in una questione più recente, quella della crisi greca: iniziata nel 2011 con un programma lungo otto anni di Troika sostenuto congiuntamente da  BCE, FMI ed UE – con più o meno silente endorsement tedesco -, ha tartassato Atene fino a farla cadere sulle proprie gambe, distrutta ed impoverita.

La Germania ha tratto giovamento e ricchezza dalla crisi greca, non soltanto perché le sue banche profondamente esposte sono state salvate dai contributi europei (mai finiti nelle tasche della popolazione allo stremo), ma anche perché la svendita del patrimonio pubblico ellenico è stata precipuamente direzionata proprio verso Berlino, e Parigi con esso. Ciò che non sarebbe più riuscita a fare con i carri armati, lo ha fatto con sovrastrutture economiche liberiste e strumenti finanziari perversi, per adoperare una metafora sempre calzante del filosofo Diego Fusaro.

Verso i debiti accumulati dalla Grecia

in una moneta che la sua Banca Centrale non poteva né può emettere, quindi di fatto straniera -, la Germania non ha certamente avuto clemenza: spietatezza ed opportunismo ne hanno contraddistinto infatti l’azione. Un’azione che, a quanto pare, non è stata memore invece della magnanimità che il Paese mediterraneo ha avuto verso quello teutonico dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, al momento della “resa dei conti finanziaria“.

 

Come sottolinea un pezzo de Il Fatto Quotidiano, la Germania diverse volte non onorò i propri debiti: fra 1923 e 1928 godettero di un prestito obbligazionario che, dopo la crisi dell’iper-inflazione e l’interruzione dei risarcimenti bellici, venne dilazionato entro un tempo lunghissimo; nel 1933 il NSDAP di Adolf Hitler dichiarò che avrebbe cessato di pagare il “debito odioso” (come altre entità politiche nella storia europea); nel 1953 gli accordi di Londra ne facilitarono nettamente le condizioni.

Infatti, riporta il Sole24Ore in un articolo del 2014 in cui veniva ripresa la severa critica all’ipocrita rigidità tedesca da parte di Joschka Fischer: «Il 24 agosto 1953 ventuno Paesi (Belgio, Canada, Ceylon, Danimarca, Grecia, Iran, Irlanda, Italia, Liechtenstein, Lussemburgo, Norvegia, Pakistan, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, Repubblica francese, Spagna, Stati Uniti d’America, Svezia, Svizzera, Unione Sudafricana e Jugoslavia), con un trattato firmato a Londra, le consentirono [alla Germania, N.d.R.] di dimezzare il  debito del 50%, da 23 a 11,5 miliardi di dollari, dilazionato in 30 anni.

In questo modo, la Germania poté evitare il default

che c’era di fatto. L’altro 50% avrebbe dovuto essere rimborsato dopo l’eventuale riunificazione delle due Germanie. Ma nel 1990 l’allora cancelliere Helmut Kohl si oppose alla rinegoziazione dell’accordo che avrebbe procurato un terzo default alla Germania. Anche questa volta Italia e Grecia acconsentirono di non esigere il dovuto. Nell’ottobre 2010 la Germania ha finito di rimborsare i debiti imposti dal trattato del 1953 con il pagamento dell’ultimo debito per un importo di 69,9 milioni di euro. Senza l’accordo di Londra, la Germania avrebbe dovuto rimborsare debiti per altri 50 anni. Il resto della storia è noto.

È scritto nei sacrifici imposti dalla rigida posizione tedesca ai Paesi del Sud Europa che da anni combattono con una crisi che sembra senza fine». Oggi la Grecia viene tanto vituperata, con i peggiori improperi sulla loro incapacità di rialzarsi, sull’improduttività delle sue aziende e sulla nullafacenza dei suoi abitanti – peraltro, smentiti già nel 2015 dai dati dell’OCSE -, quand’invece si è operato un vero e proprio strozzinaggio nei suoi confronti, con l’imposizione brutale di tranche di austerità che hanno costretto i governi a debilitanti avanzi primari, a nefande privatizzazioni e così via.

Oltre al danno

la beffa di essersi sentiti additare come i peggiori, laddove il popolo è stato addebitato di una colpa che non gli spettava, che non era sua. E la supponenza di molti che hanno proposto astrusità della peggior specie: Ursula von der Leyen, novella leader della Commissione Europea, aveva chiesto ai greci di garantire i prestiti (di moneta creata dal nulla, perciò priva di valore senza riconoscimento politico) con oro ed aziende; Katainen aveva proposto finanche di vendere il Partenone, e purtroppo un’operazione di tal fatta è stata imposta effettivamente , con totale spregio della storia.

Tradotto: divorare ricchezze vere d’altri, in cambio di proprie ricchezze fittizie. Eppure, negli anni Cinquanta, la Grecia era stata distrutta da un conflitto bellico invasivo e devastante per tutti coloro che vi avevano preso parte: gli scatti del Life Magazine nel novembre del 1944 testimoniavano un Paese a pezzi. Nonostante ciò, i governi greci  rinunciarono ad esigere – per ben due volte – i debiti da parte dei tedeschi, ben consapevoli di quanto altrimenti sarebbe stato impossibile per la Germania, e per i suoi innocenti civili, sopravvivere, memori forse della lezione che Keynes dette nel 1920 con un suo scritto seguito agli accordi di pace di Parigi, che furono durissimi per Weimar.

Per di più

al giorno d’oggi, l’Unione Europea sta dimostrando, ancora una volta, di avere figli e figliastri: con la recessione della Germania alle porte, i suoi economisti (oltre a quelli teutonici) ed i suoi commissari hanno aperto ad un deficit più alto ed a meno austerità per Berlino. In un contesto con queste sembianze e con queste sfumature, la richiesta della Grecia fatta tra aprile e giugno non stona affatto, anzi si colloca con dovizia nel quadro internazionale.

I greci hanno dovuto subire, sotto la minaccia ed il ricatto della chiusura dei rubinetti – possibile solo in quanto la sua sovranità monetaria è stata ceduta ad UE e BCE -, misure terribili di austerità, perdendo ricchezze reali nel nome di un debito non emesso sovranamente: ed a rigirare il coltello nella piaga ha pensato la Germania, la quale avrebbe invece storicamente un debito da saldare nei confronti della Grecia.

Questa richiesta, che è stata inoltrata in via ufficiale, difficilmente avrà da Berlino l’esito desiderato dal Parlamento di Atene e dal suo governo, che l’hanno proposta, ma è quanto meno molto importante puntarvi i fari contro, e rendere noto all’opinione pubblica ciò che si cela dietro alla richiesta greca, e con essa il background dei “fatti del debito” nella storia che unisce (e separa) i due Paesi.

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Di Lorenzo Franzoni

Nato nel 1994 a Castiglione delle Stiviere, mantovano di origine e trentino di adozione, si è laureato dapprima in Filosofia e poi in Scienze Storiche all'Università degli Studi di Trento. Nella sua tesi ha trattato dei rapporti italo-libici e delle azioni internazionali di Gheddafi durante il primo decennio al potere del Rais di Sirte, visti e narrati dai quotidiani italiani. La passione per il giornalismo si è fortificata in questo contesto: ha un'inclinazione per le tematiche di politica interna ed estera, per le questioni culturali in generale e per la macroeconomia. Oltre che con Elzeviro.eu, collabora con il progetto editoriale Oltre la Linea dal 2018 e con InsideOver - progetto de il Giornale - dal 2019.

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