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Carcere per i grandi evasori? Un’altra stangata per la classe media

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Prosegue l’opera di propaganda politica del governo giallofucsia contro l’evasione fiscale, fatta passare dalla vulgata corrente come unica e sola causa della crisi economica del Paese.

Nella nuova legge di bilancio è in arrivo un importante inasprimento delle pene destinati agli evasori. Adesso la novità è che oltre la cifra di 100 mila euro evasi scatterà carcere e confisca dei beni. Si tratta, dicono, di una misura contro i “grandi” evasori. In realtà, tale cifra, che presa singolarmente sembra ragguardevole, assume invece dimensioni e peso differente se rapportata al tempo di vita di una piccola e media impresa.

100 mila euro evasi in 10 anni equivalgono a 10 mila euro evasi all’anno che equivalgono a meno di mille euro evasi al mese. L’appellativo di “grandi” evasori in rapporto a queste cifre appare quindi del tutto sovradimensionato.

L’intenzione del nuovo esecutivo

sembra quindi essere sempre la stessa: togliere risorse alla classe media. Da quelle piccole e media imprese che rappresentano oltre il 90% del tessuto economico italiano, insomma il motore della crescita del Paese. Rimangono invece ancora incredibilmente assenti dalle parole e dai testi di legge in preparazione i veri grandi evasori: ovvero le grandi aziende che delocalizzano impunemente e le multinazionali digitali.

Fca per esempio

dopo aver goduto di lauti contributi statali, potrà continuare a mantenere la sua sede fiscale in Olanda, eludendo de facto il fisco italiano. Se il Governo lottasse davvero contro l’evasione, dovrebbe calcolare minuziosamente la cifra di tasse che l’azienda torinese, ma ormai di diritto olandese, non ha versato allo Stato italiano da quando ha trasferito la sua sede. Se il Governo lottasse davvero contro l’evasione metterebbe al centro del discorso le grandi multinazionali del digitale.

Il conto delle tasse in Italia per i giganti del web e della sharing economy resta basso. Almeno questo è quello che emerge leggendo gli estratti degli ultimi bilanci, quelli relativi al 2018, appena depositati nel registro delle imprese di Infocamere: se si prendono in considerazione le costole italiane (tutte Srl) di nomi del calibro di Amazon, Google, Twitter, Airbnb e Tripadvisor il conto complessivo delle imposte versate l’anno scorso nel nostro Paese arriva a 14 milioni e 300mila euro. Manca all’appello ancora il bilancio di Facebook che nel 2017 ha comunque pagato soltanto 120mila euro di tasse. È il caso a esempio di Airbnb, il colosso della case in affitto sulla sua piattaforma web che solo in Italia conta oltre 214mila case e l’anno scorso ha fatto registrare 3,7 milioni di arrivi.

E che nel bilancio 2018 della sua costola italia – Airbnb Italy srl – dopo una interlocuzione con il Fisco registra 6,328 milioni di perdite dovute a tasse pagate per 6.583 milioni di cui 4,520 milioni relative a esercizi precedenti (nel 2017 aveva pagato 131mila euro). Google Italy Srl – secondo il bilancio del 2018 – ha invece versato 4,719 milioni (erano 5,641 milioni nel 2017) a fronte di utili denunciati per 15 milioni.

Il colosso degli acquisti online Amazon Italia logistic srl ha pagato l’anno scorso 3 milioni di tasse (4,177 nel 2017) a fronte di 11,8 milioni di utile lordo. Microtasse invece per la nota piattaforma web per i giudizi su hotel e ristoranti: Tripadvisor Italy Srl nel 2018 ha sborsato 22.535 euro di tasse, quanto pagherebbe un medio professionista (erano comunque 12.343 nel 2017). Zero tasse, secondo bilancio, per Twitter nel 2018 contro i 1.337 euro pagati nel 2017.

John Elkann insieme a Mike Manley, Ceo di Fca

 

Così riportava il Sole24Ore in un articolo di agosto. Aziende dai bilanci milionari che pagano le stesse tasse di un piccolo imprenditore. Questa è l’unica vera grande evasione in Italia. Eppure sembra che l’obiettivo dell’attuale esecutivo sia ciò che resta del polmone della nostra economia, le Pmi, costrette a pagare il conto di una politica da troppo tempo prona ai diktat di qualche potenza straniera.

 

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Di Gabriele Tebaldi

Classe 1990, giornalista pubblicista, collabora con Elzeviro dal 2011, quando la testata ha preso la conformazione attuale. Laurea e master in ambito di scienze politiche e internazionali. Ha vissuto in Palestina, Costa d'Avorio, Tanzania e Tunisia.

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