Home / Affari di Palazzo / La “democratura” al tempo di Facebook

La “democratura” al tempo di Facebook

Condividi quest'articolo su -->

“Non si possono tollerare gli intolleranti”, “isolare i fascisti è un dovere”, “facebook è un soggetto privato e fa ciò che vuole”. Queste sono solo alcune delle capziose storture farneticate in questi giorni, pur di giustificare un provvedimento – di fatto – discriminatorio ed antidemocratico.

di Andrea Zhok

L’altroieri Facebook ha chiuso in blocco gli account social afferenti a Casapound e Forza Nuova. A seguire abbiamo udito scariche di applausi e cori di approvazione da parte dei nostri famosi libertari (de sinistra e non), come sempre felici di brandire la loro apertura illuministica con tutti, purché gli stiano simpatici.Ora, su tale questione ci sono diverse cose da mettere a posto, non ultima l’ingenuità (ma è ingenuità?) di questi applausi.

A) La prima cosa da puntualizzare è che gli ultimi a poter invocare la violazione dei valori democratici sono proprio i soggetti coinvolti nell’operazione di censura. Trattandosi di gruppi che esprimono aperta simpatia verso l’avventura fascista e i suoi metodi, diciamo così, ‘sbrigativi’ verso l’opposizione, proprio essi hanno davvero scarso titolo a prendere la parola per difendersi in questa circostanza. Detto questo, però, per tutti quelli che dai fascisti vogliono distinguersi (come lo scrivente), e tanto più per quelli che hanno in bocca ogni momento l’epiteto ‘fascista’ per attacchi scomposti più vari, quanto accaduto non può non essere visto con preoccupazione.

B) L’argomento, molto gettonato, per cui si tratta di una piattaforma privata, e che dunque “fa quello che gli pare” è decisamente fuori luogo. Una piattaforma social che diviene mezzo di comunicazione di massa e di discussione politica democratica non può essere sottratta a regole che vanno al di là di quelle interne ed arbitrarie dei propri decisori.

Un mezzo che veicola le comunicazioni di capi di stato (li voglio vedere chiudere l’account di Trump), parlamentari, leader politici ed ‘opinion makers’ di tutto il mondo non può “fare quello che gli pare, tanto è privato”. E se la legislazione corrente glielo permette (non la conosco a sufficienza per confermare o smentire), questo vuol dire che si tratta di una legislazione inadeguata.

C) La terza cosa da chiarire concerne le ragioni per evitare chiusure in massa di intere aree politiche, come è avvenuto ieri.
Il punto non è (non per me almeno), l’appello ad un’astratta deontologia, a ‘principi liberali intoccabili’ (cui non credo affatto). Il punto è che la maggior ragione del successo storico delle democrazie, nonostante i loro infiniti difetti, è che consentono di principio a tutte le voci di farsi sentire e di avere la possibilità di poter convincere gli altri con ragioni.

Questa caratteristica ideale del dibattito democratico è un’efficace valvola di sfogo per posizioni di minoranza, che altrimenti, in altri contesti, finiscono facilmente per vedersi come avversari dell’intero sistema, diventando perciò socialmente pericolose. Vietare opinioni è sempre latore di conseguenze pessime (e peraltro l’esercizio di ascoltare chi la pensa in maniera diametralmente opposta è un utile esercizio filosofico, di cui oggi sentiamo tutti fortemente la mancanza).

Questo argomento indica anche i limiti della tolleranza democratica, che deve poter tollerare ogni idea avversa (anche quelle che mettono in dubbio l’efficienza della democrazia), mentre non possono tollerare ‘vie di fatto’ antidemocratiche. E’ perciò che ha senso la disposizione costituzionale (assai citata a sproposito in questi giorni) circa il divieto di ricostituzione del Partito Fascista.
Un conto è essere liberi di esprimere idee, anche repellenti ai più, un altro conto è organizzarsi fisicamente per imporle agli altri. Una democrazia deve far posto alle prime, ma deve difendersi dalle seconde.

D) Infine un’ultima considerazione. L’operazione dell’altroieri ha un retrogusto assai preoccupante per tutti i democratici. Ed è per questo che riceve il plauso di quasi tutti i liberali, che riconoscono il valore della democrazia a giorni alterni, quando si attaglia ai propri interessi. Si tratta infatti di un intervento che ha le seguenti caratteristiche:

1) è stato svolto non contro specifiche istanze, espressioni personali, atti diffamatori, ma in blocco verso un’area politica;
2) è stato svolto in perfetta concomitanza con un cambio di governo, comunicando, anche simbolicamente, il senso di una ‘rivincita’, di una rivalsa di alcune parti politiche su altre;
3) è stata un’operazione necessariamente pianificata e decisa in forme completamente prive di trasparenza e dunque evidentemente assoggettabili (e io ipotizzo assoggettate) a pressioni politiche.

Ecco, a tutti coloro i quali oggi si fregano le mani, “perché hanno ricacciato i fascisti nelle fogne”, ricordo che le maggioranze parlamentari vanno e vengono, così gli umori politici della popolazione. Li aspetto a parlarmi di diritto privato dei social media il giorno in cui una manina fuori campo chiuderà d’un botto tutti i siti antiliberisti con l’accusa di ‘fomentare l’odio di classe’ (Non è Hate Speech anche quello? No? E per chi non lo è?).

Poi, naturalmente, se siete di quelli che hanno sempre solo le idee della maggioranza mainstream del momento, potete stare sereni.
Ne uscirete sempre tranquilli e potrete continuare indisturbati a postare gattini da qui all’eternità.

Leggi anche:

Facebook sceso in campo? FN e CPI epurate da Facebook e Instagram

Condividi quest'articolo su -->

Cerca ancora

Tirare in ballo il fascismo ad ogni piè sospinto

La sinistra italiana si trincera dietro al rischio del fascismo dietro l’angolo. Risibili considerazioni di …